Malattia neurodegenerativa ad evoluzione
lenta e progressiva che coinvolge funzioni come il controllo dei movimenti e dell’equilibrio (ma non solo). La degenerazione colpisce aree cerebrali sottocorticali (cioè sotto la corteccia) e coinvolge i neuroni situati nella sostanza nera. È caratterizzata da una diminuzione della produzione di dopamina, un neurotrasmettitore del nostro cervello che, tra le altre cose, ha un ruolo nella gestione dei movimenti.
I malati di Parkinson oggi secondo le stime sono circa 300.000, per lo più maschi (1,5 volte in più) con età d’esordio compresa tra i 59 e 62 anni.
La malattia è caratterizzata da:
Sintomi di tipo motorio (che sono prevalenti all’inizio):
-tremori a riposo e/o interno
-rigidità del tronco
-bradicenesia e acinesia; ovvero un rallentamento (nel primo caso) o la perdita di capacità (nel secondo) nell’eseguire movimenti volontari come il camminare
-instabilità posturale; un disturbo dell’equilibrio che comporta la difficoltà di mantenere la posizione eretta
Sintomi di tipo non-motorio:
-disturbi del sonno e dell’olfatto
-ipersudorazione e salivazione
-sintomi ansioso-depressivi e apatia
-deficit cognitivi (memoria, attenzione)
Gli stadi della patologia
I – Disabilità unilaterale, senza disequilibrio
II- Disabilità bilaterale, senza disequilibrio
III- Disabilità bilaterale, lieve disequilibrio
IV- Disabilità bilaterale, marcato disequilibrio
V- Disabilità: marcia impossibile senza aiuto, perdita dell’autonomia
La triade dei sintomi-cardine (cioè presenti nella gran parte dei casi) è costituita da
1-Tremore (Va distinto quello a riposo da quello essenziale: il tremore a riposo è lento, grossolano, di tipo composto (2- 6 oscillazioni al secondo), relativamente ritmico e non intenzionale; il tremore essenziale permane anche durante lo svolgimento di un’azione)
2- Rigidità
3- Ipo-acinesia e bradicenesia) Un’altra caratteristica è il movimento delle dita chiamato “Rotolamento di pillola” o di “Sbriciolamento del pane”.
Sono sintomi secondari:
-gonfiore ai piedi
-disturbi del sonno (secondo alcuni studi sono un sintomo anticipatorio)
-chiusura delle palpebre
-salivazione
Come si ottiene una diagnosi:
-Visita neurologica
-Esami di laboratorio
-Anamnesi clinica
-Esami strumentali (sono molto importanti perché confermano la presenza o meno della malattia. Tra questi Datscan fornisce una stima della quantità delle terminazioni nervose dopaminergiche presenti ed esclude altre patologie che possono dare tremori)
Il trattamento di elezione è farmacologico
Tra i più comuni la levodopa (L-Dopa), in grado di incrementare la dopamina, ma può avere effetti indesiderati.
In questi casi, o negli altri in cui il farmaco non è tollerato si ricorre a farmaci sostitutivi.
Trattamenti secondari sono la fisioterapia per l’aspetto motorio, la stimolazione magnetica transcranica, logopedia, deep brain stimulation.
La Deep Brain Stimulation
È un intervento chirurgico invasivo che consiste nel posizionamento di elettrodi del diametro di circa 1 millimetro, in nuclei di sostanza grigia, all’interno del cervello e precisamente nei nuclei alla base.
Viene eseguito su paziente sveglio, monitorato con la registrazione delle cellule dei nuclei della base e poi con la stimolazione delle stesse. Il paziente fa da specchio per vedere che effetti ha la stimolazione. Poi viene risedato per concludere l’intervento.
Ci sono criteri rigidi di inclusione ed esclusione dei pazienti che possono avervi accesso:
- Diagnosi certa di Parkinson Idiopatico , Importanti “fluttuazioni motorie” (severi e prolungati off con discinesie)
- Difficoltà di “gestione” con terapie mediche (scarso controllo terapeutico)
- Età: <70 anni
- Buona risposta alla L-Dopa
- Risonanza Magnetica cerebrale negativa
- Buone condizioni generali di salute
- Buona motivazione paziente e familiari per intervento
- Non patologie gravi associate di rilievo, disturbi psichici, importante depressione
Riabilitare con luce, campo elettrico, campo magnetico
Le 3 tecnologie che attualmente vengono impiegate per alleviare la sintomatologia sono:
NIR: dispositivo di Fotobiomodulazione che emette luce nel vicino infrarosso, aumenta il metabolismo
neuronale e agisce sulla neuroinfiammazione
fTMS™: dispositivo medicale di stimolazione magnetica transcranica che emette un campo magnetico statico
di bassa intensità; mette in comunicazione un’area a ridotto funzionamento in un emisfero con l’area a funzionamento ottimale nell’altro emisfero
fTMS™ Plus: stimolazione elettrica di bassa intensità; mette in comunicazione due aree omolaterali per
potenziare un’attività elettrica neuronale di un’area funzionalmente deficitaria
Questi dispositivi non annullano la degenerazione dei neuroni, ma sono in grado di allentare la sintomatologia.
La scelta tra i 3 dipende da quello che si vuole ottenere:
La Fotobiomodulazione modula l’attività delle cellule neuronali, allevia la neuroinfiammazione e previene la morte tissutale, migliorando le funzioni cerebrali.
Ha effetti su:
Metabolismo cellulare
Flusso ematico cerebrale e angiogenesi
Stress ossidativo
Neuroprotezione
Neurogenesi, ovvero il processo che genera nuovi neuroni
Sinaptogenesi, ovvero la capacità di creare nuove sinapsi tra le cellule nervose
Effetti antinfiammatori
Il caso clinico
Durante il webinar la dottoressa Peci mostra un caso clinico: una donna di 68 anni con diagnosi di malattia Parkinson dal 2016, dopo vari percorsi riabilitativi senza risultati, effettua un ciclo di sedute di fotobiomodulazione. Nel video si mostrano i miglioramenti dopo 4 settimane: riduzione del tremore, deambulazione più sicura, migliore orientamento, incedere sicuro.
Più si fanno esercizi, più il cervello viene stimolato: Il cervello ha bisogno di sforzi costanti per tornare a fare un movimento o trovare una strategia diversa per ottenere il risultato che otteneva prima.
Lo studio sul Parkinson
“E se la luce potesse aiutare? L’uso della Fotobiomodulazione transcranica nella malattia di Parkinson: uno studio clinico controllato”
Dal 48° Congresso SIMFER (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa) alla Sorbonne di Parigi:
Istituto San Celestino®
con la collaborazione di
Cerebro
ha partecipato a uno studio sulla riabilitazione dei
pazienti con Parkinson, presentato al 48° Congresso SIMFER e alla Sorbonne di Parigi.
Si tratta di uno studio svolto nel 2020: un gruppo di 26 pazienti con diagnosi di Parkinson sono stati divisi in 2 gruppi. Il primo ha eseguito la sola riabilitazione terapia fisioterapica, il secondo ha unito a questa un trattamento di Fotobiomodulazione con il dispositivo NIR.
I pazienti sono stati valutati prima del trattamento, dopo le 4 settimane di trattamento e, di nuovo, dopo un mese per valutare l’apprendimento cellulare (cioè vedere se i benefici ottenuti venivano anche ottenuti). I risultati migliori sono stati ottenuti dal gruppo sperimentale che ha attuato la riabilitazione fisioterapica unitamente al trattamento di fotobiomodulazione NIR.
Dai risultati è emerso un miglioramento dell’equilibrio e dell’andatura dei pazienti, una riduzione del tremore che è stata parzialmente mantenuta fino a dopo un mese, una ridotta sensazione del mancamento tipico dei pazienti nell’assumere la posizione eretta. È stato riscontrato anche un miglioramento nell’umore e nel sonno: quindi minor sonnolenza e minor affaticamento.
Lo studio ha così dimostrato che la riabilitazione fisioterapica combinata con il trattamento di Fotobiomodulazione permette un miglioramento di tutti i sintomi, maggiore rispetto a quello ottenuto con la sola fisioterapia e più duraturo nel tempo.